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Non serve Keynes per capire che all'industria turistica serve un salto di qualità.

L'estate 2023 ha visto diminuire i dati dei flussi turistici in molte località della Toscana e più in generale in tutta Italia.

Siamo ancora nel bel mezzo della stagione 2024 eppure la sensazione è che si confermerà questa tendenza. Gli italiani hanno ripreso ad andare all'estero e gli stranieri non hanno colmato il gap. Sono aumentati i biglietti aerei e di sicuro anche i costi dei soggiorni. Venire in vacanza nelle coste toscane costa più di andare a Parigi, Lisbona, Istanbul. Allora qualcuno, conti alla mano, ha preferito la novità rispetto alla classica vacanza al mare. Dobbiamo parlarci chiaro oggi il turismo è un affare complesso che non si può più improvvisare, ma richiede studio e strategia.


All'industria turistica serve un salto di qualità

E' una vera e propria industria moderna: nonostante non sia un settore a sé stante ma sia trasversale ad altri settori, la promozione del turismo è a tutti gli effetti una politica economica.

Non serve però Keynes per capire che è necessario un salto di qualità e invece, molto spesso, i nostri servizi sono cari e scadenti, i servizi spesso inesistenti. Continuiamo a fare turismo come 20 anni fa convinti che la gente verrà nonostante tutto perché l'Italia è bella. E' vero abbiamo questo grande vantaggio competitivo, ma non è eterno soprattutto in un mondo globalizzato dove le persone possono scegliere dove andare e cambiare velocemente. Ecco che allora dal divano di casa si guarda qualche foto, si legge qualche recensione, si consulta qualche tariffa e poi si decide di andare altrove.

Si parla di industria turistica, ma siamo ben lontano da realizzarla. Nell'industria l'imprenditore per incrementare il reddito rinnova i macchinari molto spesso per produrre meglio e più velocemente. Nel turismo invece nessuno decide di rinnovare i luoghi che producono reddito ed ecco che abbiamo nei nostri territori tantissimi hotel trascurati.


Attenzione poi a non usare il turismo per compensare le economie di alcuni territori che hanno dei gap in altri settori come quelli industriali o manifatturieri. Il rischio è quello di creare una "monocultura" rendendo ancora più fragili i territori. Si perché un altro aspetto problematico dell’economia turistica riguarda il lavoro. Si dice che il turismo crei posti di lavoro, ma si tratta perlopiù di lavoro scarsamente retribuito e molto spesso precario. Secondo l’Inps il 64 per cento dei lavoratori nei settori dell’alloggio e della ristorazione è povero.


Inoltre va detto che un terzo del valore aggiunto, quello riconducibile alle case per affitti turistici, alimenta la rendita immobiliare in un mercato, quello delle case vacanza, a basso valore aggiunto – perché produce pochi posti di lavoro, precari e pagati poco.


In conclusione, il turismo di per sé non è un male, anzi. Il punto è come viene gestito e pensato.

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